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mercoledì, gennaio 16, 2008

Commissione Parlamentare Antinchiesta

il titolo non ha alcun legame con quello che segue ma mi frulla da qualche giorno in testa  me ne dovevo liberare

 

segue articolo tratto da corriere.it a proposito del papa alla sapienza

l «capo» della rivolta «Nel '56 mi opposi all'invasione dell'Ungheria, Pajetta mi fece nero»

Cini, il «vendicatore» di Galileo: criticai pure il Pci

ROMA — L'ombra di Galileo attendeva da quattro secoli il professor Marcello Cini che la vendicasse. Almeno, il professor Cini ne sembra convinto. «Sin dai tempi di Cartesio si è addivenuti, per porre fine al conflitto fra conoscenza e fede culminato con la condanna di Galileo da parte del Santo ufficio, a una spartizione di sfere di competenza tra l'Accademia e la Chiesa. La sua clamorosa violazione nel corso dell'inaugurazione dell'anno accademico de La Sapienza sarebbe considerata, nel mondo, come un salto indietro nel tempo...».
Il professor Cini non è solo l'artefice della lettera aperta dello scorso 14 novembre, che ha innescato l'incidente più serio con il Vaticano da tempo immemorabile. E' uno dei grandi vecchi (84 anni, quattro più del suo avversario Ratzinger) della cultura italiana. Fin da quando, oltre mezzo secolo fa, Edoardo Amaldi, Enrico Persico e Giorgio Salvini — vale a dire, la Fisica — lo chiamarono a insegnare proprio alla Sapienza. «Cattivo maestro » si definisce (riprendendo un'invettiva di Giorgio Bocca) nel titolo della propria autobiografia intellettuale, pubblicata nel 2001 da Bollati Boringhieri. Ma si capisce bene che scherza e, in fondo, si stima. «Non posso fare a meno di domandarmi se non mi sono troppo spesso identificato con Charlie Brown quando confessa: odio la gente, ma amo l'umanità!», ha scritto di sé. Di Ratzinger, invece: «Ci vuole un bel coraggio a nascondere sotto lo zerbino le crociate, i pogrom contro gli ebrei, lo sterminio degli indigeni delle Americhe, la tratta degli schiavi, i roghi dell'Inquisizione... ».
Nato a Firenze, formatosi al liceo D'Azeglio di Torino, iscritto al Pci fin dai primi anni del dopoguerra, nel '56 porta al congresso della federazione di Catania, dove insegna, una mozione di critica all'invasione dell'Ungheria: «Pajetta mi rispose facendomi nero, con il sarcasmo che gli era abituale». Critico da sinistra del togliattismo, amico di Raniero Panzieri, fu l'unico tra i docenti di fisica — lo racconta il suo allievo Marco D'Eramo — a schierarsi con gli studenti ribelli del '68. Cofondatore del Manifesto. E poi: Medicina democratica, la polemica con Emilio Sereni reo di aver esaltato lo sbarco americano sulla luna («ma quale progresso, è stato il più fantastico spettacolo di circenses offerto alla plebe dai tempi di Nerone! »), i protoambientalisti, la battaglia contro il nucleare. Ma Cini ha lasciato il più ampio segno di sé con «L'ape e l'architetto», che fu il caso politico-culturale del 1976. Un titolo mutuato da Marx, un pamphlet a più mani per dire che la scienza non è mai neutrale, non è indifferente alla storia, alle idee, e soprattutto agli interessi. La reazione dei colleghi fu ora ammirata, ora beffarda; uno di

loro replicò che i corpi cadevano nel vuoto allo stesso modo, sia che al potere fossero i democristiani, sia i comunisti. Lucio Colletti infierì: «C'è una certa differenza tra le verità scientifiche e la predica di un parroco o la relazione di un segretario generale». «Il mio vero rimpianto — si immalinconì lui — è che uno impara a vivere quando non gli serve più». Serviva invece a respingere Benedetto XVI, che gli ha regalato una seconda giovinezza: «Possiamo tollerare che il papa », minuscolo ovviamente, «possa dire ai nostri colleghi biologi che non devono prendere sul serio Darwin?».
Capelli bianchi, occhi azzurro pallido, una riproduzione di Guernica dietro la scrivania, Cini non è mai stato un intellettuale retrivo. Pronto già nel '94 a dichiarare la fine del paradigma delle certezze («Un paradiso perduto» uscì da Feltrinelli), è stato tra i primi a occuparsi di bioetica e a denunciare «il pericolo maggiore, una visione di onnipotenza». Critico della clonazione e della scienza ridotta a mercato, ha ammonito a non demonizzare gli ogm — «non fanno peggio delle sigarette e degli hamburger» — e ha invitato la sinistra a diffidare «degli scienziati che giocano a Dio», e anche un poco di se stessa. Proprio sul Manifesto scrisse: «Io non capisco più cosa voglia dire l'aggettivo "comunista" che compare sulla sua testata». Ha fatto autocritica sui figli — «dev'essere stato difficile per loro avere un padre ingombrante, egocentrico e non sempre presente» —, si è sporto sull'orlo di una confessione di fallimento: «Ho passato gran parte della mia vita concentrandomi sul comunismo e sulla fisica. Ora viviamo in un mondo in cui non c'è il comunismo e non c'è la fisica». Resiste invece Ratzinger, il quale «ha solo cambiato strategia. Non potendo più usare roghi e pene corporali, ha imparato da Ulisse. Ha utilizzato l'effigie della Dea Ragione degli illuministi come cavallo di Troia per entrare nella cittadella scientifica e metterla in riga». Sulla soglia, però, l'attendeva il professor Cini.

Aldo Cazzullo
16 gennaio 2008



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3 Commenti:

Anonymous Anonimo ha detto...

da danieleluttazzi.it

Oggi il sito del Corriere riporta allegramente che il Guardian avrebbe scritto:
"la controversia è «senza precedenti in un Paese dove normalmente non vengono mosse critiche alla Chiesa cattolica romana" (il virgolettato é loro e a casa mia significa traduzione letterale). Guarda un po', John Hooper invece scrive sul sito del Guardian che:
«The controversy was unparalleled in a country where criticism of the Roman Catholic church is normally muted.» che occhio e croce si traduce con:
la controversia è senza precedenti in un Paese dove normalmente le critiche alla Chiesa cattolica romana VENGONO ZITTITE.

gennaio 17, 2008 5:00 PM

 
Blogger Pietro "Bacco" Carai ha detto...

bello il titolo, potrebbe anche essere una buona idea...cmq per il resto dico che si commenta da solo.

gennaio 18, 2008 4:55 PM

 
Blogger claudia ha detto...

Se cade il governo posso dire addio all'aumento della borsa di dottorato.
Non credo che questa cosa sia molto giusta.....e non aggiungo altro, che è meglio. I fatti già parlano e si commentano da soli.
Acconentiamoci di 800 euri al mese.

baci a tutti (tranne a chi guadagna troppo senza portare migliorie al nostro paese)
Claudia

gennaio 22, 2008 10:30 AM

 

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